Loggia Amore e Psiche n.110 di Venezia

La Lettera del M.d.L.


SACRO E PROFANO


Carissimo Fratello,
durante l’ultima G.L. Nazionale ho assistito ad un’interessante allocuzione del nostro Ill.mo e Ven.mo Gran Maestro riguardante la Religione e il Sacro. La tesi svolta, in sostanza, è che il concetto di sacro è più ampio di quello di religione: questa è il rapporto con il divino che si declina nei vari credo, il sacro è il piano superiore e assoluto verso il quale l’Uomo tende necessariamente, un atteggiamento che poi può concretizzarsi in una religione specifica. Questo approccio consentirebbe di risolvere l’apparente contraddizione insita nella Libera Muratoria, che da un lato afferma di non essere una religione, e dall’altro segue un rituale che contiene preghiere ed invocazioni al divino: il muratore in loggia farebbe dunque un’esperienza sacra e non religiosa. La loggia poi è consacrata, per marcare la differenza con il resto dello spazio frequentato dal muratore, definito per contrapposizione profano, e per accedere a quest’esperienza è necessaria una iniziazione, che è appunto una cerimonia sacra, non religiosa.
Un fratello di recente ha chiesto: “Perché facciamo ricerca esoterica?”. Declinato nel presente contesto: “Perché siamo attratti dal sacro?”. Platone nel “Simposio” racconta il mito sulla nascita dell’amore tra uomini e donne: in origine gli esseri umani erano maschio e femmina insieme e poi si sono divisi, quindi l’amore sarebbe la nostalgia di questa primigenia unione. Questa storiella può far sorridere, ma sottende una intuizione: si è attratti da ciò che ci manca ma ci apparterrebbe. Michel Meslin nel suo “L’esperienza umana del divino”, citato da Venzi, ricorda che nelle culture tradizionali spesso non è presente un termine equivalente a religione, semplicemente perché tutta l’esistenza dell’Uomo è sacra, scandita da un tempo sacro. Il concetto di profano esiste solo perché è avvenuta una secolarizzazione della vita, così come è avvenuta la separazione dell’originario essere ermafrodito, secondo il mito platonico. Un altro storico delle religioni citato da Venzi, Mircea Eliade, definisce l’uomo come homo religiosus, quindi un essere che per sua natura guarda verso il sacro e dunque ne sente la mancanza, se vive in un contesto profano, come ormai è costretto. Ovviamente non in tutti gli uomini questo seme matura allo stesso modo, infatti molti aderiscono ad una religione istituzionale, e pochi invece a percorsi spirituali quali il nostro. Comunque, fatte queste premesse, è chiaro per Venzi il motivo per il quale un ateo debba essere escluso da questo contesto.
Mi permetto di aggiungere che è questa sensibilità altra a fare la differenza, e che noi, se siamo qui, abbiamo in qualche modo sperimentato, ed è quella che dovremmo cercare in un potenziale bussante. La sfida è interessante: capire bene perché sono muratore io per capire perché un profano dovrebbe essere adatto alla Muratoria.


A presto!


S&F Ven. Fr. M.B. M.d.L.

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